Progetto le voci della poesia

Il 18 febbraio con l’artista Vincenzo Cecchini si è concluso il ciclo di incontri legati al “Progetto le voci della poesia”, cui hanno partecipato anche le poetesse Annalisa Teodorani e Maria Teresa Codovilli, organizzato dalla Biblioteca Comunale di Cattolica in collaborazione con la Scuola Media “Emilio Filippini”.

Gli studenti hanno partecipato al progetto con entusiasmo ed hanno rivolto al poeta Cecchini, che scrive in dialetto cattolichino, domande ed osservazioni interessanti ed inaspettatamente profonde.

Tuttavia nel nostro meravigliarsi di adulti circa la profondità del pensiero dei giovani troppo spesso soffia il vento del luogo comune che associa l’adolescenza e la giovinezza all’immaturità, ed è proprio questo luogo comune che ci fa sorprendere vieppiù della loro capacità di esprimere sentimenti e concetti filosofici cui spesso gli adulti non sanno rispondere.

È a queste difficili risposte che la poesia offre uno strumento per la comprensione della realtà: attraverso le voci della poesia si riesce a far vibrare i sentimenti che con le emozioni diventano la chiave di comprensione del mondo e dei suoi misteri.

Le classi 2a D e 2a E, seguite rispettivamente dagli insegnanti Laura Bandoni e Giancarlo Messina, hanno posto domande all’artista e poeta Cecchini sui temi riguardanti la vita del poeta; sul valore della scuola e dell’impegno nello studio; hanno esposto osservazioni sulla paura, sul tempo ed altri argomenti cui il poeta ha risposto mantenendo vivo l’interesse dei presenti. Di seguito vi propongo alcuni di questi interventi.

Come si diventa poeti, è difficile la vita di un poeta?

Se hai un pensiero, un’aspirazione che ti gira nella testa anche nei sogni, la devi seguire come accade nella poesia La streda tla testa.

La scuola serve? serve studiare?

Non serve studiare, andate a lavorare: gli intellettuali hanno bisogno di gente che lavora perché gli intellettuali non devono lavorare! Risponde ridendo Cecchini e continua dicendo: «Ho insegnato per molti anni e ho visto che se ci sono buoni maestri che amano il loro lavoro ed i ragazzi che sono loro affidati, sì, altrimenti diventa più difficile per gli studenti sperimentare i propri talenti.»

Con i genitori e gli insegnanti è difficile esprimersi per i giovani, che più facilmente trovano sostegno nella complicità degli amici, e quando non si capisce cosa accade intorno le ragazze si aiutano anche scrivendo nei diari – ricorda Cecchini – e riconosce alle ragazze, che chiama sempre donne, il coraggio di cambiare la loro vita, di voltare pagina con decisione e cuore franco se non lieto, con una risata, così come fa la protagonista della poesia Parché la è scapa.

È difficile scegliere la propria strada? Qualcosa di nuovo avviene se si va controcorrente, come descritto nella poesia La streda, se senti che ti si ripresenta sempre lo stesso desiderio, la stessa opportunità, va che devi andare! Se non ci sono ostacoli da superare non si progredisce: più difficoltà, più felicità…

Alla domanda sulla paura, evocata dalla poesia La chesa dla paura che rinvia ai giochi pericolosi dei maschi nel dopoguerra, quando in una casa bombardata i maschi trovarono proiettili di mitra di cui si riempirono le tasche e le zaganelie che poi avevano fatto accendere e sibilare tra le gambe dei passanti, Cecchini risponde che sì, avevano paura, ma il desiderio di gioco era più forte della paura e la sfida del pericolo faceva parte della vita quotidiana ed era il modo per crescere.

C’erano ai suoi tempi (Cecchini è nato nel 1934) pochi giochi tranquilli per i maschi, le femmine stavano in casa ma lui non ha mai saputo cosa facessero.

Cecchini ha poi descritto i giochi della tradizione: la fionda, la lippa, la palla di neve che fecero rotolare per tutte le strade di Cattolica, fino a farla diventare una valanga spinta da una ventina di ragazzi. Non c’erano i giochi elettronici che appiattiscono i costumi ed assorbono la curiosità dei giovani nell’esplorazione di un mondo virtuale.

Parallelo o finto? Si potrebbe aggiungere.

Alcune ragazze osservano che nelle poesie di Cecchini le cose inanimate diventano personaggi come nella poesia I fiori i perla.

Cecchini osserva che i fiori gioiscono al sole allietati dal volo delle farfalle e delle api, fremono e tacciono quando si avvicina il pericolo: la mano pronta a reciderli. Ma durante La festa d’i fiur sono gli unici a godersi la giornata piovosa che invece infastidisce i venditori e gli acquirenti.

Qual’è la libertà e la verità? Quella che si desume mettendo a confronto le cose che non si capiscono, le assurdità, i comportamenti incoerenti, come avviene in Incontre; in questo modo ci si avvicina alla verità che fa brillare la cosa giusta, indicandoci l’atteggiamento rispettoso e corretto da tenere, quello che tacita le ansie e ci rende sicuro il passo, come una passeggiata sulla spiaggia.

Cos’è l’ora ferma? È l’ora in cui c’è una sospensione del tempo, in cui tutto sembra fermarsi e ci si aspetta che nulla possa ricominciare. È anche l’ora in cui il mare ed il cielo hanno gli stessi colori: quando si cammina i colori ti vengono incontro, all’alba il cielo ed il mare hanno il colore del guscio delle vongole, madreperla. I colori entrano nella testa anche con i suoni. Il suono che arriva nella poesia I è un’ora è il suono di una campana. In A camen «A camen drenta una cochila d’una poracia e sent e son d’una campana», suoni e colori che fanno pensare ad una carezza, all’idea di dolcezza, colore, suono ove tutto si armonizza. È un’ora in cui lo stato d’animo si associa alle cose e gioca con queste.

Un’ora ferma viene descritta anche nella poesia Aspettando l’estate… Ci sono delle ore nella giornata che sono meno vivaci, altre – per esempio sulla spiaggia tra le dieci e le dodici – dove chi è andato a preparare il pranzo, lascia la spiaggia vuota.: l’ora è ferma perché, tutto intorno sta aspettando l’esplosione il miracolo dell’estate. il tempo rallenta fino a fermare i ritmi rumorosi dell’estate. È il miracolo economico che si attende l’albergatore ma soprattutto il miracolo che attende il poeta.

Qual’è il momento del sogno più particolare? È il dormiveglia, in cui si ha la coscienza del risveglio, momento in cui il meccanismo dell’universo si scopre nel momento orfico in cui la realtà c’è e non c’è – interviene l’insegnante Giancarlo Messina ricordando che vi è stato un certo dibattito sull’argomento.

Cecchini dice che è un attimo particolare, uno dei momenti più adatti a capire il passaggio dall’insensibile al sensibile, dall’ora del tramonto all’alba, e, da pittore qual è, lo paragona allo sfumato leonardesco.

Perché i poeti parlano della morte? La morte esiste già in tutte le persone quando nascono, la religione dice che è un passaggio verso la felicità… La nostra società ha il terrore della morte…

Iniziative lodevoli come questa vanno supportate ed incentivate in quanto si propongono di educare alla comprensione della poesia, ancora troppo emarginata alla fruizione di pochi amatori e specialisti e per questo considerata l’arte “poverella”, definizione cui va contrapposta quella di Ars poetica ritenuta nell’antichità come un organismo vivente veicolatore di significati, l’arte conoscitiva con funzione liberatoria in quanto rivelatrice di verità nascoste, un’arte che educa l’immaginazione, supporto della ragione, nella misura in cui affina le capacità analitiche e critiche del pensiero attraverso l’associazione di idee, rendendo – come dice l’artista e poeta Cecchini – l’uomo libero di pensare e di esercitare le capacità critiche.

(Riassunto pubblicato su La Piazza, giornale di Cattolica, anno 14, n 3)

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